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È antica, ricca di testimonianze e di sentori antropologicamente originari e fondanti, e sa dei luoghi e dei climi aperti della Magna Grecia, l’arte della ceramica; con essa, tenace e appassionata, Marina Longo lavora sull’onda della memoria, tessendo una trama di continuità ideali, che rivà alla classicità e dalla classicità riparte, e volendo restituire e rinnovare, tra mito e storia, il composto che è da sempre del calore e della terra: un pegno tangibile di valori da condividere, un simbolo fittile di un sentire che si intende comune.
Così i suoi moduli plastici e le sue formelle, cotti dal fuoco, fanno mostra di un imprinting etnico e comunque, tra sintesi figurative e metamorfosi astratte, straripanti di colore, richiamano immagini e archetipi in cui si sedimentano i tratti immutabili dell’umanità, in cui si rintraccia il dna della sua storia.
Un leitmotiv nelle ceramiche di Marina Longo è il mare: il mare degli azzurri luminosi e dei pesci, dei fondali intensi e delle rive petrose, delle alghe ramificate e delle correnti cangianti: il mare della pienezza multiforme dell’essere, dell’inizio di ogni vita, della varietà mutevole delle esistenze. Il Mediterraneo, che l’artista sente appartenerle come un tutto irrinunciabile, si offre dall’alto della sua vicenda plurimillenaria e accende il suo senso profondo per la cottura e la smaltatura delle terre. E il suo mare, ora slanciato in un corpo che si erge, ora inscritto in grandi medaglioni che sembrano mappe di pietra, porta i significati del viaggio: i viaggi delle grandi narrazioni di base alla civiltà dell’uomo, i viaggi delle relazioni interculturali che hanno favorito il meglio delle umane conquiste, i viaggi delle migrazioni lungo il cui corso tuttora e sempre più spesso le speranze si volgono in tragedie, i viaggi che traspongono in metafora il tragitto del nostro abitare il mondo.